La chiesa parrocchiale di Serramanna dedicata a
San Leonardo è ubicata tra due piazze a diversa quota.
Il piazzaletto bastionato, antistante il portale d’ingresso, un tempo alberato, fa parte di quelle opere di sistemazione organica attuate tra il ‘600 e il ‘700, attorno alle chiese parrocchiali e conventuali più importanti. La facciata principale è in asse con la strada di S.Leonardo, mentre la parte absidale è rivolta sulla piazza Martiri. La facciata è piuttosto semplice, caratterizzata da un unico portale e un terminale piatto munito di merli dentati; ad essa è dolcemente raccordato un imponente campanile ottagonale. Addossato alla fiancata sinistra, fino ai lavori di restauro del 1934, era un tempo uno spazio limitato da un alto muro, terminante con un oratorio verso la zona absidale, che era adibito a cimitero.. L'edificio è a unica navata con cappelle laterali di epoche diverse, copertura lignea scandita da arconi ogivali trasversi. Presso l’ingresso trova posto la cantoria in legno sostenuta da un arco ribassato. Due fasicostruttive caratterizzano l’impianto della chiesa: la prima fase risale al XV sec. (XVI secondo alcuni); la seconda al XVIII secolo, periodo in cui fu attuato l’ampliamento e la chiesa venne trasformata a croce latina sovrastata da una grande cupola poligonale.
IL PRIMO IMPIANTO
Il primo impianto (sec. XV) si può ricondurre ad uno schema-tipo di chiesa catalana piuttosto semplice che veniva comunemente adottato nell’isola accanto a schemi più complessi fino a tutto il 500 e che consisteva in un unica navata con copertura lignea sorretta da grandi archi acuti trasversi e grande campanile a lato della facciata, con una preferenza per i campanili a canna ottagonale e quasi sempre gugliati al nord dell’isola, a differenza del meridione dove invece erano più diffusi quelli a canna quadrata. È quindi un’eccezione il campanile della Parrocchiale di S. Leonardo, della fine del ’500, che presenta una canna ottagonale proprio come i campanili del nord Sardegna e che insieme a quello di Oristano rappresentano esempi di qualità notevole. Nel suo primo impianto la chiesa gotico-catalana era affiancata da qualche cappella e interrotta in prossimità dell’ingresso da un bell’arcone ribassato posto a sostegno della cantoria e derivante dalla distrutta chiesa di S. Domenico di Cagliari. Le cappelle laterali sono state eseguite in tempi diversi, e alcune di queste si aprono con arconi gotici nella navata. Nel XVI sec. fu aggiunta la cappella di S. Maria, la seconda a sinistra, coperta da volta stellare poggiante su quattro colonne angolari ricche di intagli ornamentali e che si apre sulla navata incorniciata da un bel portale rinascimentale a mo’ di arco trionfale dove due leoni reggono colonne classiche pietra finemente intagliata. Il portale d’ingresso è del XVI secolo e venne costruito a imitazione dello schema “classico-gotico” della porta sinistra del duomo di Cagliari, schema adottato ben due secoli prima e del quale si trova altra riproduzione nella chiesetta di S. Domenico di Iglesias: «è costituito da due colonne tozze capitellate che formano i piedritti posti a sostegno dell’architrave con disegno a greca. Da qui si eleva la cuspide piramidale con untribolo il qualeincornicia una nicchia con la statua di SLeonardo». E’ interessante un confronto col portale gotico, del primo ventennio del XIV sec., nel braccio sud del duomo di Cagliari, che viene così descritto da Roberto Coroneo: di proporzioni sfilate “ha colonne, capitelli classicheggianti, su cui poggia l’architrave chi innalza l’acuto timpano internamente a lobi ogivali (...) Nel timpano trilobato (…) è impiegato un sarcofago tardoromano ed è collocata una Madonna col Bambino di scultore pisano del primo trecento”. Il portale di S. Leonardo è ricostruito sul modello di Cagliari con differenze minime di misure e rapporti proporzionali. Le principali differenze si riscontrano nell’uso della pietra forte al posto del marmo, nella fattura dei capitelli corinzi delle due colonne, qui più affinati sui modelli rinascimentali cosi come rinascimentale è la nicchia conclusa da una conchiglia all’interno della quale si inseriscela statua marmorea di San Leonardo. All’interno della nicchia sono presenti tracce di coloriture azzurre, mentre nelle colonne compaiono sovrapposizioni di scialbature antiche tendenti all‘ocra. Non ci è possibile con gli elementi in nostro possesso stabilire l’epoca di queste coloriture. Se queste non sono originali, si può pensare che siano state aggiunte in epoca barocca quando più forte è il gusto popolare per la decorazione, oppure che siano sopravvenute al primo degrado dei fragili materiali calcarei. Il portale si compone di due semicolonne con eleganti capitelli corinzi su cui poggia un architrave che, a differenza di quello di Cagliari, presenta un fregio inciso con elementi fitomorfi composto da ampie volute, interrotti da una chiave centrale, di materiale non omogeneo, inserita in un precedente restauro. A ciascuna colonna principale si affianca una esile semicolonna terminante con un capitellino formato da una sola fila di foglie d’acanto sucuipoggia la parte terminale della trabeazione formata dIa una cornice alta 15 cm e formata semplici modanature decorate da una greca a motivi fitomorfi a rilievo piatto. Sopra la trabeazione vi è il timpano trilobato fortemente chiaroscurato dalle complesse modanature. Al suo interno è ricavata una nicchia a pianta semicircolare centinata con catino valviforme ospitante la statua di San Leonardo. Pure di ispirazione classica è il decoro a ovuli della cornice del timpano. Il simulacro del titolare San Leonardo, annicchiato nella lunetta, è in marmo bianco su di un basamento quadrato (altezza complessiva cm 110). Questi è raffigurato in aspetto giovanile, con la dalmatica dei diaconi; la mano destra sollevata mostra le catene spezzate dei prigionieri, l’altra sostiene un libro. La figura segue una linea flessuosa, le forme e i lineamenti sono aggraziati, i panneggi degli abiti cadono morbidi. Queste qualità insieme alla buona tecnica scultorea, conferiscono una rassicurante eleganza al simulacro. Con la cappella di S. Maria e il portale siamo in presenza di un linguaggio tipico che già in e poca precedente si ha modo di constatarne la predominanza e per il quale risulta essere una costante il ricorrere a innesti di modi costruttivi differenti con un atteggiamento tipico delle maestranze locali di attaccamento dei sardi alle tradizioni dei padri. Come ben descrivono Maltese e Serra : «Non appena l’iniziativa di progettazione e esecuzione dei lavori passa dalle sfere ufficiali nelle mani delle maestranze sarde, gli elementi che compongono i vari sistemi, quello classicista, quello gotico e anche quello romanico ogni tanto riesumato, perdono la loro pretesa egemonica, si accomodano a una simbiosi unificati da una stessa impronta esecutiva che è palesemente manuale e artigiana. intuitiva e simbolica, concreta e dichiarata operazione segnica del rifiuto di ogni canone assoluto».
Il campanile, opera dell’architetto Antonio Calabres, è a pianta ottagonale ed è stato in parte ricostruito in seguito al crollo del suo ultimo tratto, intorno agli anni '50. Tale ricostruzione ne ha in buona misura modificato l’aspetto originario, sia per quanto riguarda l’altezza, sia per la ricostruzione arbitraria delle aperture dei due ordini superiori; sono state infatti ridotte a quattro le finestre ogivali cordonate della originaria cella campanaria che un tempo si presentavano in successione, una per facciata come quelle circolari che invece sono attualmente inserite al di sopra delle finestre ogive in sole due facce, quella anteriore e quella posteriore. Anche la copertura è stata rifatta in forme diverse dalle originarie e il cupolino settecentesco, famoso per la sua forma un po’ bizzarra, è stato sostituito da una copertura a falde coronata da un terminale merlato. Del campanile si possono documentare le vicende architettoniche che hannocaratterizzato la sua trasformazione. Nel 1819 vi fu un incendio e precipitarono le campane e approfittando del fatto che avevano un suono sgradevole “per meteora” - come si legge nel libro cronistorico della parrocchia - furono rifuse e ricollocate sulla torre campanaria nel 1925. «Come appariva quando era integro, le numerose inchiavardature denunciavano lesioni prodotte da scariche elettriche. Due di queste a breve distanza l’una dall’altra, nel 1918, furono fatali e si rese necessario smontarlo fino a metà altezza. Ricordo che i conci vennero numerati e accantonati nella vecchia area cimiteriale da cui scomparvero negli anni 30 in seguito alla demolizione del muro d’ambito della zona cimiteriale... La cella campanaria rimase allo scoperto, le campane furono alloggiate nelle quattro monofore e nel ripiano d’arrivo venne depositato il grande quadrante dell’orologio».
Negli anni '50 si attuò la ricostruzione, scartando l’ipotesi del ripristino delle strutture demolite, come risulta da una lettera indirizzata dall’allora sovrintendente Raffaele Delogu al Mossa.
Poiché gli elementi risultati dalla demolizione sono andati completamente dispersi, né esiste una sufficiente documentazione fotografica dello stato di origine, ogni tentativo di ripristino delle strutture demolite genererebbe un falso».